Abbiamo intervistato Ighli Vannucchi, ex calciatore della Salernitana, autore dello storico gol al Vicenza che riaccese le speranze salvezza della Salernitana 1999-2000.
L’intervista all’ex Salernitana Ighli Vannucchi
Ighli Vannucchi è un ex calciatore italiano, di ruolo trequartista. In carriera ha vestito, tra Serie B e massima serie, le maglie di: Lucchese, Salernitana, Empoli e Palermo. Autore dello storico gol del 2-1, allo stadio “Arechi”, nella gara contro il Vicenza, che portò la speranza salvezza all’ultima giornata, nell’ultimo campionato dei granata in Serie A.
Com’è stato siglare il gol del 2-1 contro il Vicenza?
«È come un tatuaggio sulla pelle quel gol. È un legame che ho con la Salernitana e i tifosi. Abbiamo vissuto in quel momento un’emozione così forte che la stiamo tramandando anche ai ragazzi».
Cosa mancò quell’anno alla Salernitana per salvarsi?
«Perdemmo la salvezza nel girone d’andata. Al ritorno facemmo punti come le grandi del campionato. Nel ritiro eravamo in troppi e questo ci ha penalizzato. C’erano tanti problemi, come alcuni giocatori che venivano dalla Serie B volevano rimanere a giocare in A».
Andò via dalla Salernitana per andare al Venezia sempre in Serie B
«L’offerta del Venezia era vantaggiosa anche per la Salernitana, che già a settembre voleva vendermi alla Lazio. A Salerno avevamo fatto bene la stagione precedente, ma non c’era un progetto per tornare in Serie A, anche se potevano esserci le condizioni. Fu sbagliato il cambio di allenatore. La strategia societaria era investire sui giovani per rivenderli».
Quanto conta il supporto dei tifosi allo stadio, in particolare a Salerno?
«Giocare con l’Arechi pieno è diverso, con gli stadi vuoti è deprimente, io faticherei senza la spinta del pubblico. Anche se per alcuni versi può anche essere un vantaggio».
Quali sono le condizioni che portano un calciatore a diventare una bandiera di una squadra, come lei all’Empoli?
«Empoli rappresentava la mia idea di calcio, valorizzavano i giovani. Volevo essere un esempio per loro ed era un ambiente semplice e familiare, così ci sono rimasto per otto stagioni diventando un uomo simbolo».
Quali sono i compagni d’attacco con cui si è trovato meglio in carriera?
«Mi sono trovato benissimo con Saudati e Di Michele. Quando abbiamo giocato insieme e abbiamo fatto grandi cose, loro si completano e mi piaceva giocare dietro le due punte».
Segue il calcio?
«No, perchè mi piace giocarlo, mi piace il rettangolo verde ed essere al centro dell’attenzione. Con questi nuovi moduli e il gioco molto di squadra mi annoia anche vederlo. Prima ci si basava più sulle giocate del singolo, che illuminavano il gioco con gesti tecnici fuori dagli schemi. Mi piaceva il giocatore che ti faceva vincere la partita».