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Mouhiidine: “Cresciuto col mito di Muhammad Alì, oggi sogno l’oro olimpico”

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Aziz Abbes Mouhiidine, atleta irpino, cresciuto a Mercato San Severino, sarà uno dei protagonisti dei prossimi Giochi Olimpici di Parigi 2024. La nostra redazione ha avuto l’onore e il piacere di intervistare, recentemente, il pugile italiano dei pesi massimi, a pochi giorni dalla spedizione parigina.

Le origini di Abbes Mouhiidine

La freccia dell’amore scocca nella direzione di Abbes, quando all’età di 8 anni, osservando l’opera cinematografica di Michael Mann, rimane estasiato dall’interpretazione di Will Smith. L’attore, nelle vesti dell’iconico pugile Muhammad Alì (idolo del padre Abdellah Marco), suscita nel piccolo un sentimento talmente forte da spingerlo a seguire la strada della ‘nobile arte’.


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Oggi, a pochi giorni dall’inizio dell’Olimpiade numero 33 della storia, Mouhiidine ha negli occhi un unico obiettivo: la medaglia d’oro.

L’intervista al pugile azzurro

La redazione di Salernosport24 ringrazia la Polizia di Stato, la Federazione Pugilistica Italiana e il CONI per averci concesso questa opportunità.

Karate e Kick Boxing nel tuo percorso: queste arti ti hanno aiutato ad emergere successivamente nella boxe?

«Sono servite un sacco e tutt’oggi mi aiutano. Rappresentano il mio punto di forza nella distanza lunga, nel timing, nel footwork sul ring. Non sono un pugile semplice da boxare essendo un massimo, poiché mi muovo come un peso medio-mosca, non dando mai il bersaglio al mio avversario. Come una farfalla? Sì, come una farfalla (sorride n. d. r.)».

“Mi piace il pugilato, io voglio diventare come Muhammad Alì, sia sul ring che al di fuori”. A che punto siamo con questo processo?

«In campo sto lavorando per diventare il migliore. Ho vari titoli europei, due argenti mondiali, manca solo il sogno olimpico. Al di fuori, amo parlare coi giovani, supportarli nei loro sogni. Ero un ragazzino che, guardandosi allo specchio, sognava di diventare campione olimpico. Posso dire che ci sto riuscendo…e ce la farò! I ragazzi non devono abbattersi mai. Oltretutto, hanno bisogno di figure, idoli di ieri e di oggi, da poter prendere come esempio».

Le tue parole di ammirazione verso Oleksandr Usyk non sono passate in sordina: “Sarebbe bello seguire le sue orme”. Hai avuto, inoltre, l’onore e il piacere di collaborare con Anthony Joshua. Com’è stato lavorare con lui? E cosa deve fare Abbes Mouhiidine per raggiungere quel livello di pugilato?

«Per farlo, deve stare bene. Perché Abbes nel pieno della forma è già temuto, anche a livello professionistico. Ho già disputato due incontri ‘senza canotta’, vincendoli entrambi brillantemente. Conosco le cinque riprese (Monaco), le sei riprese (Madrid). Quindi posso dire di aver già toccato il palcoscenico dei professionisti. Dopo Parigi si punta in alto. Ho avuto il piacere di collaborare con Anthony Joshua e con altri grandi delle categorie dei massimi e dei supermassimi. È stato fondamentale per la mia esperienza come atleta di alto livello».

Parigi 2024 rappresenta un grande risultato per il pugilato azzurro maschile, dopo la delusione di Tokyo 2020. Quali sono le aspettative di tutta la delegazione?

«Le aspettative della delegazione azzurra sono alte: conquistare tante medaglie. Siamo ragazzi volenterosi, con un grande palmarès a livello internazionale. Come dicevi, nella scorsa edizione è avvenuta una vera disfatta della squadra maschile, con zero qualificati. L’anno successivo vi è stata una netta ripresa, grazie alle due medaglie mondiali, conquistate da me e Salvo (Cavallaro), che mancavano da ben otto anni. Successivamente il record europeo storico, nella categoria maschile, con ben sette medaglie. È stato fatto un gran passo in avanti. Siamo un’ottima squadra, unita verso lo stesso sogno: far risuonare l’inno di Mameli nel palazzetto della Francia».

Hai accarezzato la possibilità di passare al professionismo indipendentemente dal risultato di Parigi 2024?

«Vado a Parigi per puntare alla medaglia più preziosa. Dopo le Olimpiadi, il grande salto sarà quello del professionismo, non solo per una soddisfazione personale, per gareggiare nei palcoscenici più importanti al mondo, ma anche per aiutare la crescita del movimento pugilistico italiano a livello mondiale, soprattutto nei professionisti».

C’è stato un momento particolare in cui la vita ha rischiato di metterti KO?

«Sì, è successo. Era il 24 novembre 2017: il giorno in cui ho perso mio padre. Lì sono andato KO, però ho saputo rialzarmi grazie al ricordo delle sue parole. Mi diceva di non mollare mai. E poi avevamo un sogno: quello di conquistare l’Olimpo, di vincere tutto, di diventare una leggenda di questo sport. Questo mi ha dato tanta forza. Da lì, è venuto fuori un nuovo Abbes».

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Elio Granito
Elio Granito
Giornalista, classe ’95, iscritto all’Albo nazionale dei Pubblicisti, laureato in “Scienze delle attività motorie, sportive e dell’educazione psicomotoria”, prossimo a conseguire il secondo titolo, quello specialistico. Creativo, perfezionista, ambizioso. Mi ritengo una persona educata, sensibile, assertiva e altruista. Aspetti del mio carattere risultati sinora determinanti nelle varie relazioni avute con figure di rilievo all'interno del mondo del giornalismo e, soprattutto, per comprendere il reale valore, la potenza e il dono di ogni singola parola. Amo il giornalismo pulito, che ha necessità di essere raccontato. Generalmente parlo di calcio, ma ho piacere di spaziare su più fronti. Il mio desidero più grande resta quello di migliorare le mie capacità puntando all’eccellenza. Basi solide, pragmatismo e pensiero creativo: sono le peculiarità sviluppate principalmente in questi anni in cui ho compreso l'amore e la passione per la divulgazione di pensieri, messaggi e valori positivi, utilizzando come strumento lo sport e la mia "penna".
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