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Le mezze soluzioni di Danilo Iervolino per salvare il calcio italiano

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Cos’abbiamo capito dall’intervento di Danilo Iervolino al Festival dello Sport? Il presidente ha idee chiare, ma utopiche. Parla tanto e bene, ciò che dice è pienamente condivisibile, ma difficilmente attuabile.

Danilo Iervolino al Festival dello Sport

Dal 12 ottobre si sta svolgendo, a Trento, il Festival dello Sport. Tra i tanti ospiti intervenuti, ieri abbiamo potuto ascoltare il patron della Salernitana Danilo Iervolino, che si è espresso su una serie di temi delicati. Primo tra tutti i problemi per i quali il presidente ritiene di aver scoperto la cura è quello relativo alle difficoltà economiche delle società italiane. Lui propone qualcosa di simile al ‘salary cap‘ in uso negli sport americani da decenni, al fine di obbligare le squadre a mantenere un equilibrio a livello finanziario. Ora, il tetto spese iervoliniano obbligherebbe la Lega a bloccare ogni acquisto che possa contribuire a superare una certa percentuale.


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Soffermandosi solo sulle più evidenti storture di questa proposta, possiamo evidenziarne due. Prima di tutto, in base a cosa andrebbe calcolata questa percentuale relativa alle spese? In base al fatturato o alle entrate della singola stagione? In seconda battuta, è evidente come una soluzione del genere potrebbe dare il colpo di grazia al nostro calcio, già depresso a livello economico. In parole povere, avremmo ancor meno soldi (e possibilità) per competere con le altre squadre europee in sede di calciomercato. E si sa che senza talento non si vince.

La crisi dei settori giovanili

Iervolino ha affermato di voler promuovere i giovani talenti italiani, ma non ha nascosto di essere incappato in una serie di difficoltà, dovute ad una “norma statale”.

«Se prendiamo giocatori stranieri che lavorano qui per un periodo di tempo determinato, noi paghiamo molto meno la parte contributiva. Quindi conviene puntare sugli stranieri anziché sugli italiani. Io fare il contrario: darei uno sgravio alle squadre che mettono in campo i calciatori giovani».

Belle parole, pienamente condivisibili, ma, nella pratica, utopiche. Torniamo indietro e spostiamoci nell’Europa Orientale per comprendere quanto possano far male al calcio misure di questo tipo. Qualche anno fa, in Estonia, esisteva una regola che costringeva i club a far partire nell’11 titolare un certo numero di giovani estoni. L’obiettivo (nobile) era quello di incrementare la produzione di calciatori pronti per il grande salto nell’Europa che conta e per aiutare la nazionale. Risultati? Ragazzini di 16 anni buttati in campo solo per far numero e sostituiti da compagni più esperti dopo pochi minuti dal fischio d’inizio.

Le solite frecciatine

Infine, Danilo Iervolino non ha tenuto (come sempre) le frecce nella faretra, attaccando Paulo Sousa (indirettamente) ed i soliti agenti mangiacommissioni. Ecco le dichiarazioni.

Su Sousa: «Condividere una visione a lungo termine è essenziale. Da un lato, abbiamo società con progetti a medio e lungo termine, ma dall’altro ci sono allenatori che desiderano risultati immediati, a qualunque costo».

Riguardo alla crociata contro i procuratori: «Io ho alzato più di tutti la voce perché non sopporto i ricatti degli agenti o le loro richieste quando i loro assistiti fanno bene 3 partite. E magari aizzano anche i tifosi. Non voglio fare di tutta l’erba un fascio, li ritengo anche fondamentali. Alcuni hanno però una bassa deontologia e pensano solo ai loro interessi per sgraffignare nel breve periodo».

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