Un’avventura lunga più di sessant’anni nel segno della lealtà, dell’amicizia e del divertimento: Dario Cioffi presenta ai lettori del nostro giornale il suo secondo libro, Scherma, Sogni e Valori, scritto a quattro mani con l’avvocato Luca Magni.
Dario Cioffi in libreria con Scherma, Sogni e Valori
Il Gran Premio Giovanissimi di scherma: non solo un evento sportivo che ha battezzato le carriere di decine e decine di campioni, ma una grande palestra di vita per chiunque l’abbia frequentata. Compresi Dario Cioffi e Luca Magni, gli autori di Scherma, Sogni e Valori, in libreria da giovedì per i tipi di Giunti. A poche ore dal debutto sugli scaffali – che coinciderà peraltro con la 60ª edizione della grande rassegna giovanile – SalernoSport24 ha intervistato in esclusiva l’addetto stampa salernitano della Federscherma.
Per quale motivo avete deciso di partire dal trofeo intitolato alla memoria di Renzo Nostini per raccontare il mondo della scherma?
«Perché il GPG è l’essenza di questo sport, anzitutto nel suo significato agonistico: la vera intuizione dello storico presidente federale, Renzo Nostini, è racchiusa proprio nell’idea di una rassegna per le categorie Under-14, dal momento che in passato la carriera schermistica iniziava molto più tardi. Il Gran Premio Giovanissimi è altresì la fucina dei campioni, la manifestazione che ha lanciato tutte le icone del nostro sport, da Valentina Vezzali a Giovanna Trillini, senza dimenticare Aldo Montano. Eppure, ci sono campioni della scherma italiana, come Stefano Cerioni e Rossella Fiamingo che, pur essendo passati per le pedane del “Renzo Nostini”, non lo hanno mai vinto».
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Qual è il valore aggiunto di questa manifestazione giovanile?
«Il GPG è il vero salto nel mondo dei grandi per i giovanissimi schermidori, che hanno il privilegio di entrare in questo clima magico, incrociando migliaia di persone. Un meraviglioso spettacolo di umanità – di cui sono protagonisti non solo gli atleti che arrivano da ogni parte d’Italia, ma anche i tecnici e gli arbitri – che un tempo si svolgeva al PalaEUR di Roma, poi si è spostato a Rimini e – da oltre dieci anni a questa parte – ha trovato casa a Riccione».
Dario, tu hai vissuto il “Renzo Nostini” nelle vesti di atleta, arbitro e addetto stampa. Che cosa accomuna queste tre esperienze?
«Il comune denominatore è senza dubbio l’entusiasmo: il GPG ti coinvolge come un bambino, quale che sia la tua età o il tuo ruolo. L’entusiasmo che ho avvertito dentro di me quando vi ho partecipato per la prima volta, all’età di 9 anni, è lo stesso che mi ha accompagnato da adulto, prima in rappresentanza del mondo arbitrale, poi da giornalista e addetto stampa della Federazione».
E quali differenze hai riscontrato in ciascuna di esse?
«Quando sei un bambino, sei un sognatore che spera di arrivare tra i primi, ma – al di là del risultato – ti restava sempre qualcosa dentro: in fondo, contava l’esperienza che avevi appena vissuto. Da arbitro, invece, cominciavo ad avvertire il senso della responsabilità, calandomi per la prima volta nella parte di chi osservava: dalle tue decisioni, infatti, dipendeva il destino di ogni singolo partecipante. Quella stessa responsabilità che provo oggi da addetto stampa, ma posso dire che questo ruolo è fonte di bellezza infinita, perché provo a dare visibilità e attenzione a uno sport come la scherma che ne ha senz’altro bisogno».
La storia del GPG ha spesso incrociato la grande storia del XX secolo. Come avete cercato di combinare questi due aspetti, senza perdere di vista il valore agonistico e lo spirito ludico dell’evento?
«Lo abbiamo fatto con grande naturalezza, perché la macrostoria è parte integrante del racconto del Gran Premio Giovanissimi: quando scorri l’albo d’oro e trovi il nome di Marta Russo, la studentessa universitaria uccisa alla Sapienza di Roma, è del tutto normale che la cronaca si intrecci con la storia. Esattamente come è accaduto nell’edizione del 1981, quando arrivò sulle pedane del PalaEUR la notizia dell’attentato a Giovanni Paolo II. Un lavoro di ricerca e di grande approfondimento, del quale va dato pieno merito a Luca Magni, una delle memorie storiche del “Renzo Nostini”, che egli ha vissuto da atleta, arbitro, telecronista e cerimoniere. Io mi sono invece occupato della parte giornalistica, raccogliendo le testimonianze dei protagonisti e curando lo storytelling, in cui ho provato a spiegare l’aspetto emotivo del Gran Premio Giovanissimi per ognuno dei suoi interpreti».
Quali sono, secondo te, i valori incarnati dalla scherma?
«La designazione di una campionessa come Arianna Errigo a portabandiera della delegazione italiana ai Giochi olimpici di Parigi mi fa pensare a un patrimonio inestimabile di valori, che non sono affatto retorici: la duttilità, la poliedricità, la lealtà, la sportività. Lei ha dimostrato a tutto il mondo che la carriera agonistica ad altissimi livelli si può conciliare con la maternità. Lo stesso vale per un campione olimpico come Daniele Garozzo, che si è laureato in Medicina. In realtà, potrei fare molti altri esempi tra coloro che non hanno vinto il GPG e, magari, hanno abbandonato la scherma senza lasciare traccia, ma si sentono comunque schermidori con grande orgoglio e forza».
E, per parafrasare il titolo del libro, quali sono invece i sogni?
«Anche chi non è diventato un campione ha inseguito e realizzato i propri sogni nella loro vita professionale e nella loro sfera privata, mettendoci dentro ciò che la scherma ha insegnato loro, in primis la dedizione, l’impegno e lo spirito di sacrificio, ma declinato in un’accezione positiva. Infine, lo spirito di condivisione: chi partecipa al GPG vive dei momenti che ricorderà per sempre».