Allenatore protagonista per vari anni nel nostro calcio e ex granata: Gian Piero Ventura. Un’intervista tra Salernitana-Torino, Djuric e la rinascita granata
Gian Piero Ventura tra cavalluccio e toro
Dopo la disfatta dell’Italia di ieri sera sembra difficile rialzarsi, ma bisogna farlo. La mancata qualificazione al mondiale pesa, proprio come quella per mano della Svezia di qualche anno fa.
Su quella panchina azzurra, quell’anno, sedeva Gian Piero Ventura. Ex allenatore di Torino e Salernitana, con cui abbiamo parlato della prossima partita di Serie A in cui si scontreranno le due squadre.
Salernitana-Torino, prossima partita di campionato e entrambe squadre del suo passato. Chi pensi avrà la meglio?
«È una partita delicata, perché la Salernitana ha bisogno assoluto di punti. Anche perché poi sennò si perde la speranza. Dall’altra parte, il Torino è reduce da una bruttissima partita a Genova e sopratutto 8 partite senza vittorie. C’e tanta delusione, tanta rabbia. È una partita delicata e arrivano con motivazioni diverse, ma per entrambe diventa una partita importante. Sopratutto per la Salernitana, per un discorso di classifica. Perché ormai è evidente, aldilà delle quattro grandi, che puoi incontrare o hai già incontrato, tutte le altre deve avere l’ambizione di fare punti. Perché sennò poi diventa difficile il recupero.»
Ha potuto allenare Djuric, a Salerno. Guardandolo ora, cosa pensa di lui rispetto a quello che era qualche anno fa?
«Djuric è migliorato. Ho avuto il piacere di averlo a Salerno e con me ha fatto il suo record assoluto di gol in campionato. Ha fatto 12 gol e non aveva mai superato i 10 gol. Con me si è comportato benissimo, un vero professionista che è cresciuto e ha dimostrato di meritare la Serie A. Tanto è vero che pur avendo altre punte, alla Salernitana gioca sempre titolare. Quindi vuol dire che anche gli allenatori che sono venuti dopo puntanto tutti su Djuric. Quindi si è vista una crescita esponenziale. Non posso che parlarne bene.»
Si può dire che ha dato inizio al ciclo che ha poi portato la Salernitana in A. Quali ricordi si porta dentro di quella sua esperienza?
«Era una situazione decisamente diversa. Io sono arrivato a Salerno non con l’obiettivo di andare in A, ma con quello di costruire. La Salernitana era reduce da un ultimo rigore segnato ai play-out da Di Tacchio, che se non avesse segnato la squadra sarebbe retrocessa. Era reduce da un’annata difficilissima e c’era bisogno di ricostruire, dare una mentalità diversa. Una cultura del lavoro, un moto più professionale e quindi abbiamo lavorato in quel senso. Tieni presente che quando il campionato si è bloccato per il Covid la Salernitana era in zona play-off. Dopo il Covid abbiamo vissuto male quel periodo e siamo arrivati decimi. Comunque noon era però questo il nostro obiettivo. Il nostro obiettivo era creare i presupposti per una crescita di questa squadra. Che poi l’anno successivo si sia andati in Serie A… beh, direi ci siano grandi meriti della società e di Castori. Se abbiamo contribuito questo non lo so. Se lo abbiamo fatto ne sono felice per Salerno, perché è una piazza che ha una tifoseria che merita di stare in Serie A.»