Salernitana consegnata all’Inter nell’anticipo del venerdì a San Siro, e anche Liverani va su una difesa a 3. Altro poker rimediato, granata troppo brutti per essere veri.
Inzaghi schiera i nerazzurri con la squadra quasi titolare, pronto a chiudere subito la pratica e a “vendicare” anche il fratello, fresco di esonero a Salerno.
Liverani, dopo una settimana di prove con una base di difesa a 4, opta per non cambiare nulla tatticamente rispetto ai suoi precedessori. Squadra in campo con il consueto 3-4-2-1 e senza uno straccio di spirito battagliero. Tanti uomini senza condizione fisica adeguata, alcuni senza nemmeno l’anima.
Dinanzi a Ochoa Liverani propone una difesa inedita e con scelte obbligate: Boateng (durato poco più di 20 minuti) coadiuvato da Pasalidis e Pellegrino. Sambia e Zanoli sulle corsie esterne, Basic e Coulibaly a presidiare la mediana. Candreva e un evanescente Dia a agiscono a supporto della punta Tchaouna.
Passano in secondo piano le statistiche per alcuni giocatori: Candreva, girovago per il campo da acclamato ex della partita, finisce con compiere un ritorno al passato nel giocare mezzala in un 5-3-2 con l’ingresso di Weissman nella ripresa. Salernitana mai pericolosa per 90 minuti, mai viva, mai realmente calata nel match se non con l’atteggiamento della designata vittima sacrificale. A poco servono le parate iniziali di Ochoa, la voglia giovanile dell’ex Rennes, che ricopre l’ennesimo ruolo scoperto correndo a vuoto per il rettangolo verde.
Anche Maggiore si mette a disposizione della creatività dell’allenatore, che lo dispone centrale nel terzetto arretrato dopo l’uscita di Boateng per infortunio (l’ex Bayern si era allenato sempre a parte in settimana). L’assenza last minute di Manolas non rappresenta certo un alibi per una difesa versione groviera.
Le sterili polemiche degli impalpabili Dia e Coulibaly all’uscita dal campo alimentano solo la pagina di “cronaca rosa” di uno spogliatoio in chiaro deficit gestionale, limitato solo dall’audace ma tardiva foglia di fico rappresentata dalla scelta societaria di affidarsi all’eroico e passionale Sabatini.
Salernitana spenta e senza ardore, priva di idee e di coraggio, adagiata verso il proprio triste destino, insensibile finanche all’ennesima scossa del cambio in panchina.
Sugli spalti il DG Milan, comodo ad ammirare lo spettacolo assieme a Petrucci, avrà tanto da riportare al signor Iervolino, autore nei fatti dello scempio sportivo che sta pian piano spegnendo le speranze di permanenza della Bersagliera in massima serie.
In una tale melodrammatica situazione gli unici a cui non manca mai la dignità sono i tifosi: centinaia di km macinati per il sostegno alla maglia e cori fino al novantesimo a testa alta. L’ennesima umiliazione immeritata, al di là dell’indiscussa differenza con l’avversario in termini di valori tecnici.
In attesa dell’arrivo in scena del “deus ex machina” ad illuminare gli attoniti spettatori l’imperativo deve necessariamente essere uno: lottare dignitosamente fino alla fine e con chi se la sente.